lunedì 5 dicembre 2016

Approfondimenti Giuridici Sergio Sutera - Sentenza Cassazione vendita alimenti


Approfondimenti Giuridici Sergio Sutera - Sentenza Cassazione vendita alimenti

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 10 febbraio 2014, n. 6108COMMERCIO - SOMMINISTRAZIONE E VENDITA AL DETTAGLIO - MULTA
E' punibile con l'ammenda il commerciante che vende la sua merce all'aperto. Sussiste il rischio multa per chi espone la frutta. Esporre la frutta sul banco all'aperto è un reato punibile con l'ammenda. invero è stata messa "fuori legge" l'abitudine più che consolidata, a qualunque
latitudine, di vendere frutta e verdura mettendola in mostra su un carrettino o sulle cassette all'esterno del negozio.

Fa discutere e desta sorpresa l'ultima sentenza della Corte di Cassazione n. 6108/2014, che mette al bando l'esposizione di frutta e verdura all'aperto, per violazione dell'art. 5 lett. b) della legge 283/1962.
La norma in commento sancisce che "è vietato, nella preparazione degli alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari: […] b) in cattivo stato di conservazione".
Tutto era partito dalla condanna inflitta dal Tribunale di Nola ad un commerciante di Pomigliano d'Arco, condannato per aver detenuto per la vendita tre cassette di verdura esposta all'aperto e sottoposta agli agenti atmosferici ed inquinanti.
Il ricorrente, tra i motivi di ricorso, aveva eccepito la circostanza che il Tribunale avesse basato la propria decisione sulle sole dichiarazioni di alcuni testimoni, senza effettuare verifiche ed accertamenti tecnici sull'effettivo stato di conservazione degli alimenti. In sostanza, quindi - esponeva il ricorrente - il giudice avrebbe fatto esclusivo riferimento alla natura di reato di pericolo della violazione contestata, anticipando quindi il verificarsi un concreto danno alla salute.
Ebbene, i giudici della Suprema Corte hanno, invece, ritenuto che la sola esposizione all'aperto potesse condizionare lo stato di conservazione degli alimenti, in violazione della disciplina dettata dalla legge del '62.
Secondo la Corte, infatti, "l'accertamento dello stato di conservazione di alimenti detenuti per la vendita, non richiede né un'analisi di laboratorio né una perizia, in quanto il giudice di merito può ugualmente pervenire a tale risultato attraverso altri elementi di prova, quali le testimonianze di soggetti addetti alla vigilanza, quando lo stato di cattiva conservazione sia palese e quindi rilevabile da una semplice ispezione", come tra l'altro già ribadito da precedenti pronunce, quali Cass. Sez. 3 n. 35234, 21 settembre 2007; Sez. 3 n. 14250, 21 aprile 2006; Sez. 6 n. 7521, 30 maggio 1990.
La Corte ha, quindi, rigettato il motivo di ricorso, sostenendo che gli esiti dell'accertamento effettuato presso l'esercizio commerciale erano da soli sufficienti ad affermare la responsabilità dell'imputato.
La norma in commento ha creato non pochi problemi sotto il profilo interpretativo. In altre parole, quando si potrà considerare integrata l'ipotesi di reato in oggetto?
Onde evitare un vulnus insanabile al principio di tipicità, la giurisprudenza è, quindi, intervenuta ritagliando, nell'art. 5 lett. b), lo spazio di manovra entro il quale operare.
La norma, infatti - nella sua formulazione aperta che rischia di scivolare verso una fattispecie dai contorni evanescenti - è stata riempita di contenuto dalla Suprema Corte, la quale, con la Sentenza in commento, ha introdotto un importante e rilevante precedente giurisprudenziale, inserendo, nel novero del "cattivo stato di conservazione", anche la vendita all'aperto di frutta e verdura esposta agli agenti inquinanti, sufficiente di per sé ad integrare il reato in commento.

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